La Primavera è arrivata a Panicale. E in un istante fermo la mia corsa frenetica e estendo il mio sguardo ai fiori di mandorlo e al glicine che estende i suoi petali violacei sulle mura del centro.
Nel silenzio contaminato dal verso perpetuo di upupe e rondini che gareggiano nel loro canto, mi sembra quasi che le parole (quante inutili parole dette!) diluiscono a loro volta in musica come a celebrare questa esaltazione della vita.
Questa mattina la lieve brezza frizzante porta via ogni pesantezza e i timidi raggi del sole accarezzano affettuosamente la mia piazza. La luce dorata a metà illumina la fontana (chissà quando ci riporteranno l'acqua) e la Collegiata di San Michele si erge maestosa.
Tre tavoli oggi davanti al bar, il primo segno di una vita della Piazza che si riprende. Sento il richiamo del bar di Aldo (o forse è il richiamo della caffeina) ma aspetto che arrivi Pasquale così possiamo dare inizio a questa nostra giornata con la risata che ci viene offerta dalla gente bizzarra del mio paese.
Panicale ha sempre avuto il dono di sapersi fermare, di saper filosofare sulle disgrazie, di saper dire la parola giusta al momento giusto (e anche quella sbagliata al momento sbagliato) – sa stare in equilibrio tra il dover fare e il prendere dovuto, una lezione che molti di noi “di fuori” ancora abbiamo da imparare.
Mi rivolgo quindi a questi “noi” e anche a tutti coloro che non hanno la fortuna di essere qui, e dico questo: lasciamo che questa energia panica (appunto) scorra per noi, e prendiamo un momento per uscire dalla nostra boccia dei pesci e apprezzare davvero quanto è bella la vita e di viverla (almeno per un po') con un senso di stupore e meraviglia.